Sul concetto di trasformazione digitale

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Quando si parla di trasformazione digitale si potrebbe essere portati a ridurre tale concetto alla semplice trasformazione del cartaceo in digitale, ma non è così. 

Questo è il primo problema da affrontare, quello cioè della definizione e qualificazione del concetto. Del resto, il tema è estremamente noto, basti pensare che digitando la chiave di ricerca “trasformazione digitale” su Google esso restituisce circa 20.400.000 risultati in 0,34 secondi. Il punto però è che non vi è, allo stato attuale, una definizione univoca di tale concetto. Addirittura neanche il Dipartimento per la trasformazione digitale in seno al Governo Italiano nel descrivere la propria attività si è spinto nel dare una definizione di trasformazione digitale, limitandosi ad affermare che favoriamo la diffusione di servizi digitali semplici, inclusivi ed efficienti. Ci occupiamo di innovazione, proponendo nuove tecnologie nel tessuto produttivo”.

Tra coloro i quali invece hanno tentato di dare una definizione possiamo menzionare HP, che definisce la trasformazione digitale come quel “processo che sostituisce completamente le modalità manuali, tradizionali e legacy di fare business con le alternative digitali più recenti. Questo tipo di rivoluzione abbraccia tutti gli aspetti di un’azienda, non solo la tecnologia” (premere qui per approfondire), oppure Amazon, che la definisce come quel “processo che un’organizzazione applica per integrare la tecnologia digitale in tutte le aree di un’azienda” (premere qui per approfondire). HP quindi parla di sostituzione, Amazon di integrazione.

IBM, invece, non dà una definizione vera e propria di trasformazione digitale limitandosi ad affermare che essa “adotta un approccio basato sui clienti e che dà la priorità al digitale a tutti gli aspetti di un’attività di business, dai suoi modelli di business alle esperienze dei clienti e ai processi e alle operazioni. Utilizza Ai, automazione, cloud ibrido e altre tecnologie digitali per sfruttare i dati e promuovere dei flussi di lavoro intelligenti, un processo decisionale più rapido e intelligente e una risposta in tempo reale alle perturbazioni del mercato. In ultima analisi, cambia le aspettative dei clienti e crea nuove opportunità di business”  (per approfondire premere qui). 

Ma allora la trasformazione digitale, è sostituire completamente le modalità manuali con quelle digitali, come sostiene HP, integrare le une alle altre, come sostiene Amazon, o è semplicemente il dare la priorità al digitale, come sostiene IBM? A nostro avviso una sintesi di tutti questi concetti è possibile trovarla nella definizione data dai Professori Erik Stolterman e Anna Croon Fors: 

The term digital transformation indicates a set of predominantly technological, cultural, organisational, social, creative and managerial changes, associated with the applications of digital technology, in all aspects of human society”.

Erik Stolterman e Anna Croon Fors, Information Technology and the Good Life, in Information Systems Research: Relevant Theory and Informed Practice, 2004, p. 689.

Insomma, ci pare di poter affermare che il concetto di trasformazione digitale è spesso usato per indicare quel processo di adattamento delle organizzazioni, tanto pubbliche, quanto private, alle nuove sfide e opportunità offerte dalle tecnologie digitali. Si tratta di un cambiamento profondo che coinvolge non solo gli aspetti tecnologici, ma anche quelli strategici, organizzativi, culturali e relazionali, che parte con l’integrazione (come vuole Amazon) prosegue con il dare priorità ai mezzi digitali (come vuole IBM) e giunge poi alla completa sostituzione (come vuole IBM).

Ma la definizione data dai Proff. Stolterman e Croon Fors, avuto particolare riguardo al concetto di “cambiamenti manageriali” ci è d’aiuto per introdurre i contenuti dell‘art. 17 del Codice dell’Amministrazione Digitale che ha introdotto nella Pubblica Amministrazione la figura del Responsabile della Transizione Digitale, un vero e proprio manager in posizione apicale all’interno dell’amministrazione con competenze tecnologiche, informatico-giuridiche e organizzative e che ha poteri di impulso e coordinamento nel percorso di semplificazione e crescita inclusiva delle Pubbliche Amministrazioni. Ma tale figura, a nostro avviso, ben può essere ripresa anche nell’ambito delle aziende private, per i motivi di cui si dirà a breve.

In virtù di tale disposizione, ciascuna pubblica amministrazione affida a un unico ufficio dirigenziale generale la transizione alla modalità operativa digitale e i conseguenti processi di riorganizzazione finalizzati alla realizzazione di un’amministrazione digitale e aperta, di servizi facilmente utilizzabili e di qualità, attraverso una maggiore efficienza ed economicità. Al suddetto ufficio sono inoltre attribuiti i compiti relativi a:

a) coordinamento strategico dello sviluppo dei sistemi informativi, di telecomunicazione e fonia, in modo da assicurare anche la coerenza con gli standard tecnici e organizzativi comuni;

b) indirizzo e coordinamento dello sviluppo dei servizi, sia interni che esterni, forniti dai sistemi informativi di telecomunicazione e fonia dell’amministrazione;

c) indirizzo, pianificazione, coordinamento e monitoraggio della sicurezza informatica relativamente ai dati, ai sistemi e alle infrastrutture anche in relazione al sistema pubblico di connettività, nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 51, comma 1;

d) accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici e promozione dell’accessibilità anche in attuazione di quanto previsto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 4;

e) analisi periodica della coerenza tra l’organizzazione dell’amministrazione e l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, al fine di migliorare la soddisfazione dell’utenza e la qualità dei servizi nonché di ridurre i tempi e i costi dell’azione amministrativa;

f) cooperazione alla revisione della riorganizzazione dell’amministrazione ai fini di cui alla lettera e);

g) indirizzo, coordinamento e monitoraggio della pianificazione prevista per lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi di telecomunicazione e fonia;

h) progettazione e coordinamento delle iniziative rilevanti ai fini di una più efficace erogazione di servizi in rete a cittadini e imprese mediante gli strumenti della cooperazione applicativa tra pubbliche amministrazioni, ivi inclusa la predisposizione e l’attuazione di accordi di servizio tra amministrazioni per la realizzazione e compartecipazione dei sistemi informativi cooperativi; 

i) promozione delle iniziative attinenti l’attuazione delle direttive impartite dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie;

j) pianificazione e coordinamento del processo di diffusione, all’interno dell’amministrazione, dei sistemi di identità e domicilio digitale, posta elettronica, protocollo informatico, firma digitale o firma elettronica qualificata e mandato informatico, e delle norme in materia di accessibilità e fruibilità nonché del processo di integrazione e interoperabilità tra i sistemi e servizi dell’amministrazione e quello di cui all’articolo 64-bis.

j-bis) pianificazione e coordinamento degli acquisti di soluzioni e sistemi informatici, telematici e di telecomunicazione al fine di garantirne la compatibilità con gli obiettivi di attuazione dell’agenda digitale e, in particolare, con quelli stabiliti nel piano triennale di cui all’articolo 16, comma 1, lettera b).

Riteniamo sommessamente che dalla lettura di tale disposizione di legge si può meglio comprendere la portata del concetto di trasformazione digitale, e che forse non è molto chiaro a coloro i quali spesso la qualificano come una semplice “moda passeggera”. Ma la questione è tutt’altro che passeggera, essendo invece piuttosto seria e cruciale, riguardando essa lo sviluppo dell’intero Paese, sia sul fronte pubblico della P.A. che sul fronte privato delle imprese. Benché infatti ci stiamo riferendo al C.A.D., è bene sottolineare che anche per le imprese che vogliono restare competitive e innovative in un mercato sempre più dinamico e globale, la digitalizzazione offre numerosi vantaggi, tra cui, a titolo d’esempio è possibile elencare: 

  • una maggiore efficienza e produttività, grazie all’automazione dei processi e all’ottimizzazione delle risorse;
  • una migliore qualità e soddisfazione del cliente, grazie alla personalizzazione dei prodotti e dei servizi e alla possibilità di interagire in modo più diretto e immediato;
  • una maggiore innovazione e differenziazione, grazie alla sperimentazione di nuovi modelli di business e alla creazione di nuovi mercati e nicchie;
  • una maggiore resilienza e flessibilità, grazie alla capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e alle emergenze.


Alla luce dei suesposti concetti, pare opportuno affermare che, tanto nell’ambito pubblico quanto nell’ambito privato, un processo già di per burocratico e complesso, una volta che viene trasferito nel digitale diventa certamente ancor più contorto. Non è quindi certamente possibile pensare di ridurre la trasformazione digitale alla scannerizzazione dei documenti prodotti e pensati per essere analogici. Prima di trasferire un progetto, un documento, o un processo in digitale, sia esso all’interno di una P.A. o all’interno di un’impresa, andrebbe dunque innanzitutto semplificato!

A titolo d’esempio, un’amministrazione veramente digitale non dovrebbe chiedere ai cittadini documenti già in possesso dall’amministrazione stessa (come sovente accade negli uffici pubblici); dovrebbe poi essere in grado di ridurre i passaggi di dati da un ufficio all’altro durante un procedimento amministrativo, spostando i controlli alla fine e non chiedendo documenti che di fatto non servono per quello specifico progetto. Dall’altro fronte, un’impresa veramente digitale dovrebbe avere una visione chiara e condivisa degli obiettivi e dei benefici attesi dalla digitalizzazione; dovrebbe coinvolgere tutti i livelli e le funzioni dell’organizzazione nella definizione e nell’implementazione delle soluzioni digitali; dovrebbe essere in grado di scegliere le tecnologie più adeguate alle esigenze e alle caratteristiche dell’organizzazione, valutando i costi, i benefici, i rischi e le opportunità; e dovrebbe soprattutto provvedere ad un’adeguata formazione e un adeguato sviluppo delle competenze digitali dei dipendenti, dei manager e dei leader, per favorire l’apprendimento continuo e l’aggiornamento professionale; infine, non dovrebbe mai trascurare la misurazione e il monitoraggio dei risultati e degli impatti della trasformazione digitale, per verificare l’efficacia delle soluzioni adottate e apportare eventuali correzioni.

A nostro sommesso avviso, che ci si trovi in una P.A. o in un’impresa privata, soltanto dopo aver operato un’adeguata semplificazione si può procedere quindi alla digitalizzazione. È necessario cioè integrare gli strumenti di ricezione delle istanze on-line con sistemi di gestione e archiviazione a norma: nei procedimenti amministrativi, ad esempio, di fronte all’inserimento del cittadino, il sistema dovrebbe rispondere indicando tutta una serie di informazioni, tra cui il numero di protocollo, i termini del procedimento, i contatti per chiedere informazioni, nonché i rimedi esperibili in caso di inerzia.

Di fondamentale importanza è poi il rispetto e la tutela delle informazioni trattate. Occorre cioè verificare nello specifico che i processi siano “privacy by design” e “privacy by default ai sensi dell’art. 5 del GDPR. Tanto le amministrazioni, quanto le imprese devono cioè poter dimostrare che gli applicativi in uso rispettino i requisiti del richiamato articolo (adottare misure per proteggere i dati e per non trattare dati non essenziali).

Con particolare riferimento all’ambito pubblico, il ministro Colao (Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale nel governo Draghi) ha redatto un documento, che conformemente al PNRR, dà le indicazioni sulle esigenze di digitalizzare la P.A. partendo innanzitutto da processi e procedimenti amministrativi.

Ma per portare a termine la digitalizzazione, serve necessariamente sapere con esattezza su cosa si va ad agire, e bisogna avere ben chiara la distinzione tra processi e procedimenti amministrativi.

Ebbene, il procedimento amministrativo è individuato e disciplinato dalla l. 241/1990. I processi amministrativi, invece, sono tutti gli altri, quelli cioè che non rientrano nei procedimenti amministrativi. A titolo d’esempio, rispondere ad una e-mail dando delle informazioni o protocollare gli atti o rilasciare certificati anagrafici non sono procedimenti amministrativi.

Poi ci sono anche le attività informali, come indire una riunione od organizzare un ufficio che spesso non rientrano nell’ambito amministrativo.

Tutti e tre gli aspetti rientrano nella digitalizzazione e vanno digitalizzati, seguendo però, chiaramente, regole diverse: per i procedimenti amministrativi infatti c’è una legge, come abbiamo visto, che detta i tempi, definisce i passaggi, i responsabili ecc., mentre per le altre due no. Ci sono dunque delle implicazioni giuridiche diverse: la responsabilità si declina differentemente.

Ecco perché nel 2016 fu introdotta dal legislatore la figura del Responsabile della Trasformazione Digitale, il quale, è bene ribadirlo, deve avere specifiche competenze tecnologiche, informatico-giuridiche e organizzative. E qui è bene affermare con chiarezza un concetto che non può in nessun modo essere equivocato: la questione della transizione digitale non è una questione meramente informatica, ma bensì una questione di adeguamento normativo e soprattutto organizzativoPer una corretta trasformazione digitale è dunque necessario dotarsi di un team di giuristi ed informatici con competenze di gestione, che sappiano innanzitutto dialogare tra loro, e che siano formati in tal senso.

Il rischio è quello di ripetere l’errore già visto con quanto accaduto per i D.P.O. Molte amministrazioni pubbliche hanno infatti avuto non pochi problemi affidando tale delicato ruolo a “non giuristi”, che inevitabilmente non erano in grado di operare un corretto adeguamento normativo, o viceversa a giuristi che pur preparando ineccepibili documentazioni a supporto, non dialogavano con i tecnici ignorando quindi completamente una situazione fattuale di criticità.  

L’esigenza di dotarsi di un responsabile per la transizione digitale è stata rimarcata da molte circolari del Ministero della P.A., perché fino ad oggi sono pochi i settori ad essersene dotati. Ma del resto nella P.A., in base all’id quod plermuque accidit, finché non c’è una sanzione all’inadempimento molto spesso (rectius quasi sempre) la normativa resta inattuata, come si è potuto vedere proprio per la figura del D.P.O., introdotta in tempi ben più risalenti, ma rimasta di nicchia fino all’introduzione del GDPR che ha per la prima volta introdotto un apparato sanzionatorio. 

Per approfondire

- Erik Stolterman e Anna Croon Fors, Information Technology and the Good Life, in Information Systems Research: Relevant Theory and Informed Practice, 2004; 

- Mark P. McDonald, Andy Rowsell-Jones, The Digital Edge, Exploiting Information and Technology for Business Advantage, Gartner, Inc., 2012; 

- Colin Lankshear e Michele Knobel, Digital Literacies: Concepts, Policies and Practices, 2008;

- Keyur Patel e Mary Pat McCarthy, Digital Transformation: the Essentials of e-Business Leadership, 2000;

- R. Carli, La trasformazione digitale delle imprese, FrancoAngeli, 2019;

- C. Cattaneo & C. Rossignoli, Digital transformation: Implications for business and society, Springer, 2018;

- C. D'Alise & P. Renna, La trasformazione digitale nelle PMI: Strategie, modelli e casi di successo, FrancoAngeli, 2017.

- D. Galli & N. Spiller, Design per la trasformazione digitale: Metodi e strumenti per innovare prodotti, servizi e processi, Egea, 2020; 

- F. Mazzocchi, & G. Montemaggiore, La trasformazione digitale in Italia: Opportunità, sfide e politiche, Il Mulino, 2019.
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Nicola Nappi

⚖️ Diritto commerciale, assicurativo, bancario, delle esecuzioni, di famiglia. Diritti reali, di proprietà, delle locazioni e del condominio. IT Law. a Studio Legale Nappi
*Giurista, Master Universitario di II° livello in Informatica Giuridica, nuove tecnologie e diritto dell'informatica, Master Universitario di I° livello in Diritto delle Nuove Tecnologie ed Informatica Giuridica, Corso di Specializzazione Universitario in Regulatory Compliance, Corso di Specializzazione Universitario in European Business Law, Corso di Perfezionamento Universitario in Criminalità Informatica e Investigazioni digitali - Le procedure di investigazione e di rimozione dei contenuti digitali, Corso di Perfezionamento Universitario in Criminalità Informatica e Investigazioni digitali - Intelligenza Artificiale, attacchi, crimini informatici, investigazioni e aspetti etico-sociali, Master Data Protection Officer, Consulente esperto qualificato nell’ambito del trattamento dei dati.