In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all’articolo 38, secondo comma, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione – qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell’ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. articoli 51 ss. e 53 t.u.b.) – la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurre al risultato di pregiudicare proprio l’interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito»
Questo il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 33719 del 16 novembre 2022, che dirime l’annoso dibattito che aveva inasprito i numerosi contenziosi in corso, e che di fatto andava a ridurre sensibilmente le prospettive di recupero dei creditori fondiari.
Per approfondire:
- Cass. civ. SS.UU., sentenza 16 novembre 2022, n. 33719
Anna Esposito
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