Newsletter e pubblicità mascherata: una pericolosa illusione di gratuità

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La Corte di Giustizia dell’Unione Europea tornerà a breve ad esprimersi su una tematica delicatissima e tutt’altro che marginale: il confine tra informazione e marketing nel contesto della protezione dei dati personali.

Con le conclusioni dell’Avvocato Generale Szpunar nella causa C-654/23, depositate lo scorso 27 marzo, si chiarisce un punto nodale per gli operatori digitali e gli editori on-line: l’invio di contenuti informativi via e-mail può costituire “comunicazione commerciale” e, quindi, “marketing diretto” soggetto a regole rigorose.

Il caso: informazione o promozione?

La vicenda trae origine dall’attività della società romena Inteligo Media SA, editrice della piattaforma “avocatnet.ro”, che forniva aggiornamenti legislativi quotidiani via e-mail (la “Personal Update”) agli utenti registrati, come parte di un accesso gratuito a contenuti aggiuntivi. Secondo l’Autorità di controllo romena (ANSPDCP), tale pratica implicava un trattamento illecito di dati personali in quanto effettuata senza il previo consenso espresso degli utenti.

La newsletter non era neutrale: conteneva link agli articoli della testata, promuovendo l’accesso a contenuti premium tramite un sistema metered paywall. In parole semplici, offriva una “prova gratuita” per stimolare la sottoscrizione a pagamento.

Il perimetro giuridico: direttiva e-Privacy e GDPR

L’Avvocato Generale ha offerto una lettura ampia e funzionale dell’art. 13, par. 2, della Direttiva 2002/58/CE (ePrivacy), chiarendo che:

  • la raccolta dell’indirizzo e-mail nel contesto dell’accesso gratuito a contenuti digitali può costituire “vendita di un servizio”, anche se l’utente non paga con denaro ma con i propri dati personali;
  • la trasmissione della newsletter quotidiana costituisce “comunicazione di marketing diretto”, poiché veicola un chiaro intento promozionale: spingere l’utente verso l’abbonamento completo.

In tal modo, viene meno la pretesa neutralità editoriale. La comunicazione ha natura commerciale e, pertanto, deve rispettare la disciplina sulla pubblicità diretta, inclusa l’obbligatoria possibilità di opt-out esplicito e agevole.

Lex specialis: la primazia della direttiva e-Privacy

Un passaggio particolarmente significativo riguarda il rapporto tra e-Privacy e GDPR. L’art. 95 del Regolamento (UE) 2016/679 stabilisce che il GDPR non impone obblighi supplementari nelle materie già regolate da direttive specifiche. Secondo Szpunar, la disciplina contenuta nell’art. 13, par. 2, e-Privacy è autosufficiente e prevalente, e dunque:

“Non è necessario ricorrere all’art. 6 del GDPR per valutare la liceità del trattamento in questi casi.”

Un principio chiaro che rafforza la certezza giuridica e delimita con precisione l’ambito di applicazione delle due normative.

Una riflessione strategica per gli operatori digitali

La monetizzazione tramite dati personali richiede rigore, trasparenza e rispetto delle regole sul consenso. L’illusione della “gratuità” si dissolve rapidamente quando i dati vengono impiegati per attività promozionali. Chi gestisce servizi on-line – specie nel campo dell’editoria digitale – deve:

  • qualificare correttamente le comunicazioni elettroniche in base al loro contenuto e finalità;
  • evitare automatismi nell’invio di contenuti editoriali via e-mail, senza chiara informativa e possibilità di opposizione;
  • documentare adeguatamente il consenso, quando necessario, per evitare sanzioni;
  • non presumere che la gratuità del servizio escluda la qualificazione giuridica di “vendita” o “promozione”.

Considerazioni finali

L’analisi dell’Avvocato Generale Szpunar evidenzia un tema cruciale per il futuro della comunicazione digitale: il sottile ma decisivo discrimine tra informazione e pubblicità. Non basta l’etichetta editoriale per sottrarsi alla disciplina sul marketing diretto. È la sostanza – l’intento commerciale – a determinare la qualificazione giuridica della comunicazione.

Una posizione che, se confermata dalla Corte, orienterà in modo netto gli standard di conformità per i provider digitali europei. E offrirà un rinnovato argine alla deriva, spesso opaca, della pubblicità occulta camuffata da contenuto informativo.

error: Misure tecnologiche di protezione attive ex art. 11 WIPO Copyright Treaty, §1201 del DMCA, art. 6, dir. 29/2001/CE, art. 102-quater, l. 22 aprile 1941, n. 633, art. 171-ter, l. 22 aprile 1941, n. 633.